sabato 20 luglio 2013

Cento candeline per Lea

Lea Sestieri, cento candeline per il dialogo
Sala del Centro Bibliografico "Tullia Zevi"

Biglietti d’auguri, testimonianze, fotografie d’epoca e tanta emozione al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per festeggiare i cento anni di Lea Sestieri, docente universitaria e tra le grandi protagoniste del dialogo interreligioso a Roma e in Italia. 

Marco Morselli e rav Riccardo di Segni

Miryam Silvera, Marco Morselli e Rav Riccardo di Segni
Organizzato dal Collegio Rabbinico Italiano in collaborazione con il diploma universitario triennale in cultura ebraica, l’evento – dal titolo “Tanti auguri Lea” – ha visto la partecipazione del rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, del coordinatore del Collegio Rabbinico rav Gianfranco Di Segni (che ha anche letto un messaggio del rav Alberto Piattelli), e del presidente dell’amicizia ebraico-cristiana di Roma prof. Marco Morselli. Moderatrice Miryam Silvera.
Ammessa a frequentare il Collegio Rabbinico come uditrice la giovane Sestieri ne fu poi la bibliotecaria. Al compimento dei novanta anni, nel ringraziare coloro che l’avevano festeggiata, esprimeva in questo modo la sua sensazione di meraviglia per aver raggiunto l’importante traguardo: “Verso i 25-30 anni stavo piuttosto male, tanto che dicevo spesso a mio marito: ‘lo voglio solo arrivare a quando mio figlio compie 20 anni, poi non m’importa’. Ora, questo figlio, quest’anno, ne compie 65 di anni”. 

Una meraviglia espressa nuovamente ieri attraverso un messaggio vocale con il quale ha raggiunto le moltissime persone che hanno affollato la sala per renderle omaggio. “Ricordatemi per qualcosa di buono che ho fatto” ha detto con un velo di commozione.
 
di Lucilla Efrati   
12 luglio 2013, 4 Av 5773




mercoledì 10 luglio 2013

DIALOGO EBRAICO-CRISTIANO

Cristiano, conosci tuo fratello? 
 Léon Dufour

Quanta polvere inutilmente sollevata da coloro che, dialogando, non conoscono il loro interlocutore! Enumeriamo alcune di queste conoscenze indispensabili, preliminari a ogni dialogo.

Ho letto, io cristiano, la dichiarazione del Concilio Vaticano II sugli ebrei?


So che dico una menzogna, una calunnia, che sono un persecutore, se continuo a parlare di “popolo deicida" a proposito del popolo ebreo?   

Persino il Concilio di Trento non aveva adoperato questo termine usato invece nelle traduzioni dei catechismi.

Sappiamo che Paolo stesso non è passato dall'ebraismo al cristianesimo, come è stato detto, ma è rimasto ebreo, fedele alla religione dei padri (Atti 24,14)? E che i primi cristiani erano tutti ebrei?  

Sappiamo che l'ebraismo non si definisce con una fede dogmatica, ma con una pratica di vita?

Perché questa conoscenza sia comprensione profonda, devo uscire dal circolo chiuso in cui vivo.

Qualcuno può obiettare che gli ebrei hanno messo, per primi, la siepe attorno alla Torah: l'hanno fatto per proteggerla contro perverse influenze.

Tocca a me lasciare il chiuso delle mie abitudini, del mondo in cui mi sono installato confondendo le pratiche religiose con la verità ultima, rigettando nel mondo delle tenebre gli ebrei che, per paura, si sono rinchiusi in se stessi. 


Devo superare la frontiera: certamente troverò un mondo molto diverso dal mio. Eppure quali ricchezze nuove da questo contatto!

Lungi dal criticare costumi che mi sembrano strani, come quello di tenere il capo coperto durante la preghiera o quello di cantare in modo diverso, ho pensato che Gesù di Nazareth ha pregato in quel modo, che i primi cristiani hanno vissuto così? Di più: ho osservato la somiglianza della prima parte della messa e dell'ufficio sinagogale?

Se mi reco al seder di Pèsah (cena di Pasqua) o alla festa di Kippur (dell'espiazione), non mi sono forse sentito più stimolato nella mia preghiera pasquale o nel mio comportamento penitenziale? E così per altre istituzioni.

Prima di percorrere le tappe di una autentica conoscenza, dobbiamo dissipare un pregiudizio che può causare mancanza di accordo. Quando si parla di amore nella conoscenza, ciò non significa solo provare visceralmente della compassione per un essere che soffre; a maggior ragione, non è neppure cercare di "convertire" l'altro alla propria verità.  



Rispetto forse la libertà cercando di imporre la mia fede?

Una delle riserve più profonde che gli ebrei fanno quando sono avvicinati dai cristiani, è di non voler essere considerati come una preda da conquistarsi alla verità cristiana. Secondo la recisa affermazione di André Neher, essi non vogliono essere dei "convertiti in potenza". E quindi con spirito di autentica gratuità che devo avventurarmi alla conoscenza del mio fratello ebreo.

Padre Léon Dufour - teologo gesuita.
«Sefer» - Ottobre 1974


mercoledì 3 luglio 2013

INSIEME per LEA

UNIONE DELLE COMUNITA’ EBRAICHE ITALIANE



IL COLLEGIO RABBINICO ITALIANO  con  

IL DIPLOMA UNIVERSITARIO TRIENNALE IN CULTURA EBRAICA


Sono lieti di invitarVi a festeggiare il centesimo compleanno di Lea Sestieri



TANTI AUGURI, LEA!



Intervengono:
 

Rav Riccardo Shmuel Di Segni

Rav Alberto Piattelli

Prof. Marco Morselli

 

Coordina:

Myriam Silvera
 

Giovedì 11 luglio, 4 Av, ore 18.00, presso il Centro Bibliografico Tullia Zevi, Lungotevere Sanzio, 5 - Roma


Seguirà un rinfresco