domenica 30 giugno 2013

Papa Francesco/World Jewish Committee


Il primo incontro di Francesco con i leader della comunità ebraica mondiale (World Jewish Committee)

di Lisa Palmieri Billig

Rav David Rosen
 

A tre mesi dalla sua elezione, Jorge Maria Bergoglio ha impresso un nuovo stile sul papato. Fedele al suo nome, che ha scelto ispirandosi alla vita di San Francesco d'Assisi, il 266mo Papa di Roma sta battendo ogni record con la sua empatia e la sua esemplare semplicità. Si presenta come un francescano, lasciandosi dietro il rigore del suo background gesuita. Va scartando uno per uno molti orpelli mondani del papato.

Seguendo una tradizione iniziata con Giovanni XXIII, tramandata da Giovanni Paolo I durante il suo breve regno e poi continuata attraverso i talenti di Giovanni Paolo II nella comunicazione e nel suo uso geniale dei media, Francesco preferisce la comunicazione spontanea e diretta alle formalità gerarchiche.

Com’è tipico del suo stile, lavora per eliminare i simboli di potere ed i privilegi per sé e per la Curia romana. Dopo una serie di scelte non proprio convenzionali - qualcuno direbbe “dissidenti” - contro le convenzioni papali (il rifiuto di trasferirsi nella suite papale, la scelta di indossare una croce d'argento piuttosto che d'oro, l’aver disertato un concerto in suo onore preferendo un incontro con rappresentanze internazionali presso la Santa Sede, l’abolizione della classe dei nobili "gentiluomini del Papa" e così via), il nuovo stile è stato evidenziato ancora una volta il 24 giugno, durante il suo primo incontro ufficiale con i rappresentanti della comunità ebraica mondiale.

I 28 delegati delle organizzazioni ebraiche che costituiscono l’IJCIC (il Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose) hanno potuto assistere ad una rottura visibile con le tradizioni del passato quando Papa Francesco, sorprendendoci, è entrato tranquillamente senza preavviso nella sala dove eravamo in attesa.

Il suo breve discorso ha trasmesso calore personale e un chiaro abbraccio dei progressi compiuti in mezzo secolo di dialogo ebraico-cristiano sulla base del documento del Vaticano II, "Nostra Aetate".

Un messaggio essenziale, sentito in tutto il mondo, è stato ribadito nella sua dichiarazione enfatica: "Per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita!"

Altrettanto importanti sono le riflessioni di Francesco su "il cammino di maggiore conoscenza e comprensione reciproca percorso negli ultimi decenni tra ebrei e cattolici”, un percorso al quale i suoi predecessori “hanno dato notevole impulso sia mediante gesti particolarmente significativi sia attraverso l’elaborazione di una serie di documenti che hanno approfondito la riflessione circa i fondamenti teologici delle relazioni tra ebrei e cristiani. Si tratta di un percorso di cui dobbiamo sinceramente rendere grazie al Signore."

Jorge Maria Bergoglio, da arcivescovo di Buenos Aires, ha preso parte a un dialogo intimo con la grande comunità ebraica di quella città. La sua ricca esperienza personale è stata evidenziata da ulteriori osservazioni. A Buenos Aires, ha detto, "ho avuto la gioia di mantenere relazioni di sincera amicizia con alcuni esponenti del mondo ebraico." Ha ricordato anche di essersi “confrontato con loro in più occasioni sulle sfide comuni che attendono ebrei e cristiani. Ma soprattutto", ha continuato,"come amici, abbiamo gustato l’uno la presenza dell’altro, ci siamo arricchiti reciprocamente nell’incontro e nel dialogo, con un atteggiamento di accoglienza reciproca, e ciò ci ha aiutato a crescere come uomini e come credenti”.

"La stessa cosa è avvenuta ed avviene in molte altre parti del mondo" ha concluso, "e queste relazioni di amicizia costituiscono per certi aspetti la base del dialogo che si sviluppa sul piano ufficiale. Non posso pertanto che incoraggiarvi a proseguire il vostro cammino, cercando, come state facendo, di coinvolgere in esso anche le nuove generazioni. L’umanità ha bisogno della nostra comune testimonianza... ".

Una testimonianza comune è stata offerta appena due settimane prima di questo incontro, quando il Movimento dei Focolari ha ospitato un incontro ebraico-cattolico a Castel Gandolfo, al quale ha preso parte una delegazione della Comunità Ebraica di Buenos Aires. Alla conferenza stampa conclusiva della riunione, i rappresentanti cattolici ed ebrei sono stati altrettanto entusiasti per l’elevato livello di comunicazione. "Il dialogo ha raggiunto nuove vette di fiducia e di espressione di solidarietà spirituale", ha commentato uno dei partecipanti, Emily Soloff, Direttore Associato del Dipartimento Interreligioso della American Jewish Committee (AJC).

Anche Il rabbino argentino Abraham Skorka, amico di Papa Francesco e co-autore assieme al pontefice del libro "Tra Cielo e Terra", ha preso parte al seminario dei Focolarini. Ha detto di considerare Jorge Maria Bergoglio "un vero amico", così come Papa Francesco, che ha utilizzato la stessa espressione parlandomi di Rabbi Skorka in un commento privato dopo l'udienza IJCIC.

In un certo senso, Abraham Skorka sembra essere per Papa Francesco quel che Jerzy Kluger, amico d’infanzia polacco di Karol Wojtyla, fu per Giovanni Paolo II. In entrambi i casi, profonde amicizie personali fungono da chiavi emotive e spirituali per aprire le porte a una maggiore comprensione tra le nostre due religioni fraterne.

La consapevolezza dello stato avanzato del dialogo è stata tracciata, nel suo discorso al Papa Francesco, dal presidente della IJCIC Prof. Lawrence Schiffman, con un grafico dettagliato di ciò che è stato fatto e delle rimanenti sfide che dobbiamo affrontare insieme.

I progetti futuri del Comitato di collegamento internazionale (composto dall’IJCIC assieme ad ufficiali del Vaticano) comprendono un convegno, che si terrà ad ottobre a Madrid, sul tema "Le sfide alla fede nella società contemporanea" e gli eventi per celebrare il 50° anniversario di "Nostra Aetate" che avranno luogo nel 2015.

Il nostro impegno comune per la difesa della dignità umana e dell'uguaglianza, della libertà religiosa e dei valori etici che sorgono dalle nostre tradizioni parallele sono diventati argomenti di discussione il giorno successivo all’udienza dell'IJCIC col Papa. Molti dei delegati ebrei, nel corso di una riunione del mattino con il cardinale Koch e padre Norbert Hofmann (rispettivamente Presidente e Segretario della Pontificia Commissione per i Rapporti Religiosi con gli Ebrei) hanno espresso preoccupazione per l’aumentare delle persecuzioni dei cristiani in molti paesi dell’Africa, Asia e del Medio Oriente, dove vivono come minoranze. Il cardinale Koch ha confermato che oggi i cristiani sono la minoranza più perseguitata nel mondo. Viste le ripetute persecuzioni delle comunità ebraiche nella storia, questo tocca una corda sensibile di empatia nella psiche ebraica. La questione di cosa può essere fatto e se le dichiarazioni pubbliche di solidarietà e di indignazione da parte di leader del mondo ebraico in realtà siano di aiuto o possano ostacolare la sicurezza dei cristiani in questi Paesi, ha ricevuto valutazioni contraddittorie.

Una organizzazione, l'AJC, ha abbracciato l'idea che è sempre meglio di parlare contro l'ingiustizia piuttosto che rimanere in silenzio, ed agisce in base a questa premessa. Insieme ad altre organizzazioni membri del IJCIC, l’AJC si è battuta per la solidarietà reciproca non solo contro l'antisemitismo, ma contro i pregiudizi e le persecuzioni di ogni gruppo, ovunque ed in qualsiasi momento.

"L’AJC è uno dei fondatori dell’IJCIC ed è la più antica organizzazione ebraica americana che ha aperto la strada alla trasformazione nelle relazioni tra cattolici ed ebrei", ha detto il rabbino David Rosen, Direttore Internazionale di AJC per gli affari interreligiosi.

Questa trasformazione, come Papa Francesco ha ricordato a tutti noi, è radicata nella nostra amicizia sempre più profonda ed è parte di "un vasto movimento che si è realizzato a livello locale un po’ in tutto il mondo..."

Fonte: Vatican Insider – domenica 30 giugno 2013

venerdì 28 giugno 2013

Camaldoli - Alla presenza del “Tu eterno”

“Io sono il tuo Dio e tu il mio popolo”  

(Is 51, 15; Ger 30, 31) 

Una rilettura dell’Antico Testamento 

 


 



Corso di esercizi spirituali guidato da Carmine DI SANTE, teologo
 






Domenica 18 – Sabato 24 agosto 2013
 


Il grande pensatore ebreo del secolo scorso, Martin Buber, ha scritto che “ogni singolo tu è una breccia aperta sul Tu eterno”. Questa celebre espressione può significare due cose: da una parte che Dio è un Tu che si rivolge all’uomo come tu il quale per questo può dare del Tu a Dio; dall’altra che in ogni “tu” umano si riflette il “Tu” divino e che è attraverso il “tu” umano che si raggiunge il “Tu” divino.

Le meditazioni che verranno proposte durante la settimana si muovono – come vuole il titolo – in questa prospettiva. Intessendo silenzio, preghiera, ascolto e dialogo sosteremo insieme alla “Presenza del Tu eterno” ascoltando la sua Parola rivolta singolarmente a ciascuno di noi (“Io sono il tuo Dio) e lasciandoci custodire dalla sua tenera sollecitudine che ci costituisce suoi interlocutori (“tu il mio popolo”) vocati alla santità e alla giustizia.

In ciascuno degli incontri – uno al mattino,l’altro al pomeriggio – saranno sviluppati, riconcettualizzati e attualizzati, come suggerisce il sottotitolo, i temi più importanti dell’Antico Testamento il cui cuore è costituito dal racconto fondatore d’Israele, narrato nei primi cinque libri della Bibbia noti come Pentateuco.

Per prenotazioni e informazioni :

Foresteria del Monastero: tel.: 0575556013 - foresteria@camaldoli.it

giovedì 27 giugno 2013

Scrittura e credente

"Una scrittura non frequentata 
è come un corpo senza vita".
 
Rav dott. Riccardo Di Segni

di Rav Riccardo Di Segni

Quando gli ebrei parlano di rapporto con la propria religione, è raro che si definiscano credenti; il credere lo si dà un po’ per scontato, è poco misurabile nel suo puro movimento di spirito, deve avere una dimostrazione nell’azione. Per cui si preferisce parlare di osservanti. E non è differenza da poco. Nel primo secolo dell’era cristiana i membri dei numerosi gruppi dissidenti dall’orientamento prevalente -che oggi si direbbe ortodosso- e tra questi i primi giudeocristiani, erano definiti dai rabbini con il termine di minim, plurale della parola biblica che indica “la specie”. Qualcuno ha suggerito che l’insolito termine sia una contrazione ironica della parola maaminim, cioè credenti; nel senso che voi dite o pensate o credete di essere credenti, ma la fede è un’altra cosa. Quindi attenzione a usare questa parola. Quanto alla scrittura, effettivamente nel linguaggio rabbinico si parla spesso di kitve haQodesh, che si traduce impropriamente come “sacre scritture”, ma che letteralmente è “scritture del Sacro”, nel senso di Colui che è sacro. Ma la Bibbia, quella ebraica, è chiamata miqrà; la stessa radice semitica da cui poi deriverà il Corano, che non significa scrittura, ma lettura. Qual è la dimensione prevalente, la lettura o la scrittura? E ancora, la guida delle nostre azioni è chiamata Torà, che appunto è insegnamento. Ora, nel vocabolario rabbinico, di Torà non ce n’è una sola ma due: quella scritta, Torà shebikhtav, che corrisponde al Pentateuco, e quella “orale”, Torà shebe’al pe, che corrisponde a tutta la tradizione, dai tempi remoti fino ai nostri giorni. Perché chiamarla orale se si ritrova in migliaia di opere scritte e stampate? Perché fino alla fine del secondo secolo dell’era cristiana l’insegnamento dei Maestri si trasmetteva a viva voce, per tenerlo distinto dal testo del Pentateuco cui si riferiva. Furono poi la dispersione e le mille difficoltà di sopravvivenza a imporre anche per questa tradizione l’uso della penna e della carta o della pergamena. Tutto questo per dire che la sacralità non si esaurisce nella scrittura, ma è parimenti sacra la parola non scritta, tramandata da Maestro ad allievo e perennemente arricchita.  


La scrittura è sacra ma senza la lettura non vive, e non s’illumina e non si espande senza l’interpretazione e la trasmissione. 


Ora che ci fa il nostro cosiddetto credente con la scrittura, o lettura che sia, o dottrina orale? La risposta è: tutto, o meglio senza la scrittura non c’è spazio e senso per la fede. Per un ebreo i testi a lui sacri sono la guida della vita quotidiana sia in senso normativo che spirituale. Il senso della vita del singolo e della collettività è spiegato nelle Scritture. Che dicono chi sei, dove ti devi dirigere, cosa scegliere. Perché appartieni a un destino particolare. Che sei un anello di una catena antica, e per questo hai una responsabilità eccezionale. Che non ti puoi sottrarre al compito che hai insieme a tutti coloro che sono chiamati a farlo. Le scritture sono i testi che parlano dei Patriarchi, di Mosè, dei Profeti, della ricerca reciproca di D. e uomini, dell’intervento divino come creatore e come promotore della storia, della chiamata alla santità di un’intera collettività. Le scritture prescrivono le azioni che devi compiere e quelle che non devi fare. La lista è lunga e la nostra tradizione arriva a contare 613 precetti, di cui 248 sono “positivi”, azioni da compiere, e 365 i divieti, tanti quanti i giorni dell’anno solare. Di questa lunga lista ormai da 19 secoli di precetti attivi ce ne sono circa 150, perché gli altri sono collegati a norme cultuali e di purità che richiedono l’esistenza di un Santuario centrale, che non è stato più ricostruito dal 70. Ma anche i 150 precetti, che in alcuni casi sono solo il titolo di un capitolo, sono più che sufficienti per inquadrare la vita della persona, o se vogliamo del credente, in modo completo, in ogni sua forma. Le regole disciplinano non solo l’onestà nei comportamenti sociali, ma intervengono nei settori più provati e personali della alimentazione e del sesso. Inoltre scandiscono il tempo, con il rispetto del Sabato e delle feste. Tutto questo può sembrare esagerato o poco tollerabile anche per chi, credente di altre religioni, si riallaccia alla Bibbia ebraica come base per la sua credenza. Alle origini la frattura tra la matrice ebraica e l’evoluzione cristiana trovò una delle sue forze fondamentali proprio nel rifiuto, o nell’abolizione della cosiddetta legge. Non è certo questo il luogo per discutere di questo tema affascinante (ammesso che di questo si possa mai discutere nella cornice del dialogo), ma ciò che va sottolineato è che nella tradizione ebraica l’aspetto normativo, che sia di ambito civile che di ambito rituale-cerimoniale, è essenziale e irrinunciabile. Le “scritture”, in senso lato, sono il riferimento e il deposito di questa essenzialità. Un esempio: La Torà scritta stabilisce una norma, ad esempio il Sabato, e dice che in questo giorno bisogna astenersi da tutto ciò che è lavoro creativo, melakhà; cosa questo significhi non è spiegato, se non con rari esempi, come il divieto di far ardere il fuoco, o di raccogliere la legna fuori dall’accampamento. La tradizione orale colma il vuoto e ragionando sulle narrazioni bibliche trova i modelli e i prototipi delle azioni proibite; le enumera, le classifica, si pone i problemi dell’estensione e della limitazione dei divieti caso per caso. Questo lavoro è durato per secoli e continua in pieno sviluppo ancora oggi, tanto più davanti alle trasformazioni tecnologiche che cambiano la vita ogni momento. La Torà scritta non dice se si può usare il computer o il telefonino di Sabato, lo fa la Torà che un tempo era chiamata orale, pescando nelle fonti e ragionandovi sopra con rigore deduttivo. Tutto ciò può sembrare a un osservatore esterno uno sprofondare nell’aridità legalistica, e difatti questa è l’immagine parodistica e odiosa che è stata trasmessa per secoli; ma solo entrando nel sistema si comprende come la spiritualità, e la salita verso il sacro passano anche, se non soprattutto, attraverso un controllo minuzioso delle azioni e un esercizio rigoroso della ragione. Provare per credere, si direbbe con un gioco appropriato di parole. E il Sabato non è che uno dei tanti modelli di riferimenti.

Senza Torà non esiste il popolo ebraico, perché è la Torà che lo unifica nel tempo e nello spazio e dà il senso la giustificazione e la missione della sua esistenza. Ma senza popolo ebraico non esiste la Torà, perché mancherebbe lo strumento esecutivo della sua realizzazione. C’è quindi un legame inscindibile al punto che i mistici dicono Israel weorayta chad hu, Israele –nel senso del popolo d’Israele- e la Torà sono un’unica cosa. 


Questo quindi è il senso del tutto speciale del rapporto tra la fede ebraica e le scritture, è il rapporto dell’identità. C’è infine una conseguenza rilevante in questo rapporto; le scritture non tollerano l’ignoranza. Per questo rappresenta dovere fondamentale della vita religiosa, da solo pari a tutto il resto, lo studio. Bisogna studiare da quando si è in grado di farlo fino all’ultimo momento della vita. Una scrittura non frequentata è come un corpo senza vita.

Fonte: www.romaebraica.it

giovedì 20 giugno 2013

Israele:dialogo ebraico-cristiano

All’ombra dei pini di Galilea, un’energia di pace

 

In Israele si è concluso il primo viaggio interreligioso per il dialogo-ebraico cristiano. Un evento importante e unico, alla presenza di cardinali, vescovi e rabbini, culminato col bosco piantato in memoria del Cardinal Martini 

 

Di Marina Diwan

Dalle spiagge di Tel Aviv alle mura di Gerusalemme, alle rive del lago di Tiberiade. Dal contatto diretto con la modernità d’Israele alla pionieristica fondazione dello Stato ebraico, alla storia biblica più antica e comune alle religioni monoteistiche. Fino alla preghiera comune davanti al Kotel e gli alberi in memoria del Cardinale Carlo Maria Martini, piantati su una ventosa collina della Galilea.

Si è concluso ieri Ebrei e cristiani in viaggio, un “pellegrinaggio interreligioso” che dal 9 al 18 giugno ha visto un gruppo di circa un centinaio di persone visitare Tel Aviv, Gerusalemme e la Galilea. Un evento storico fortemente voluto da rav Giuseppe Laras, Presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia e Rabbino emerito di Milano, per dare futuro a quel dialogo ebraico-cristiano che fu costruito e condiviso con il Cardinale Martini, scomparso il 31 agosto scorso. E dedicare così all’amico, grande amante di Israele dove visse per diversi anni, una foresta di 5000 alberi nei pressi del lago di Tiberiade, con il patrocinio del Keren Kayemet Leisrael. Sfortunatamente, per motivi di salute, rav Laras non ha potuto prendere parte al viaggio, che è stato comunque un grande successo a testimonianza che i progetti bene ispirati dai loro ideatori sono figli capaci di camminare con le loro gambe. A dirigere l’iniziativa si sono distinti con generosità i suoi collaboratori: rav Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica d’Italia, e l’assistente di rav Laras, Vittorio Robiati Bendaud, le due anime guida del percorso.

«La novità di questo evento», spiega Bendaud, «sta nell’incontro di ebrei e cristiani credenti e ortodossi che viaggiano per condividere un’avventura di conoscenza reciproca e per pregare insieme», e «senza snaturare l’identità di ciascuno, mantenendo il rispetto delle diversità reciproche», precisa rav Richetti.
 

Obiettivo? Far conoscere la realtà ebraica israeliana a un gruppo di cristiani provenienti da tutta Italia, cristiani che erano in netta maggioranza. Gli ebrei invece, una decina, principalmente da Milano, hanno assolto al compito di ciceroni, per rispondere alle infinite curiosità e domande dei compagni di viaggio. «Volevamo comprendere le ragioni dell’altro vivendo gomito a gomito, avere occhi aperti e cuore disponibile. Questo forse è stato il vero valore di questo viaggio», ha dichiarato monsignor Gianantonio Borgonovo, arciprete del Duomo di Milano, accompagnatore spirituale del gruppo fin dal primo giorno in Israele. Il duetto religioso caratterizzato dalla sua voce dolce e pacata e dalla prorompente verve canora di rav Richetti ha accompagnato la comitiva per tutto l’itinerario, una “strana coppia” davvero ben assortita. Due pullman hanno percorso le strade di Israele per seguire un programma fitto di appuntamenti.

Insieme al Kotel

Tutto è iniziato a Tel Aviv, due giorni alla scoperta dell’antica Yaffo, della realtà israeliana moderna e della storia pionieristica della fondazione dello Stato ebraico, tra la casa di Ben Gurion e la visita alla Indipendence Hall, in cui si sono rivissuti i momenti eroici del manipolo di ebrei che, sfidando la minaccia della Lega Araba e delle cautele delle autorità internazionali, hanno dichiarato l’indipendenza dello Stato di Israele. Non poteva mancare l’incontro molto apprezzato dal gruppo con rav Israel Meir Lau, il Rabbino capo di Tel Aviv-Yaffo, emerito Rabbino capo di Israele, protagonista della famosa stretta di mano con il Pontefice Giovanni Paolo II che, nelle intenzioni di Papa Wojtila doveva servire a “togliere il tappeto sotto ai piedi” di chi ancora professa l’antico antigiudaismo religioso da 50 anni azzerato dal Concilio Vaticano II.

Sono seguiti cinque giorni a Gerusalemme, dove si è passati dalle antiche pietre della città vecchia alla realtà più scottante. Inedita e sorprendente la visita alla Corte Suprema, capolavoro dell’architettura contemporanea progettato dall’architetto Ada Carmi per manifestare attraverso le forme e lo spazio lo spirito di giustizia della sapienza ebraica che deve ispirare chi è chiamato ad amministrarla. Significativa la sua posizione elevata rispetto alla Knesset, il Parlamento, a sancire che il potere degli uomini politici deve essere assoggettato alle regole di Giustizia, argomento che ha comprensibilmente toccato il pubblico italiano, colpito anche dalla passione politica e progettuale del sindaco di Tel Aviv, Ron Hudai e del vicesindaco di Gerusalemme, Naomi Tsur, che abbiamo incontrato nei palazzi delle rispettive municipalità.

Proprio nella città Santa l’incontro tra ebrei e cristiani ha vissuto il suo momento più significativo e commovente: la preghiera comune davanti al Kotel, il Muro del pianto. A dare man forte a rav Richetti, a Bendaud e a Monsignor Borgonovo sono giunti, dopo pochi giorni, il Cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, rav Eugene Korn dell’International Jewish Commitee e del Center for the Jewish-Christian Understanding & Cooperation, il teologo valdese Gioacchino Pistone e il professor David Meghnagi, docente di psicologia e direttore del Master Internazionale sulla Shoah. Insieme a tutto il gruppo di viaggiatori hanno recitato i Tehillim-Salmi ad alta voce, in ebraico e in italiano, una preghiera comune, un’energia di pace molto potente. Il tutto sotto lo sguardo stupito dei chassidim presenti, dapprima curiosi e poi compiaciuti per il significato simbolico dell’evento. Altro momento di condivisione religiosa si è avuto durante le celebrazioni dello shabbat nella cornice del Tempio italiano a Gerusalemme, che riporta gli arredi della antica sinagoga di Conegliano Veneto. A Yerushalaim non è mancata la visita a Yad Vashem con la presentazione di David Meghnagi che ha sottolineato come il museo con il suo “giardino dei giusti” e l’intera realtà di Israele siano la testimonianza della capacità profonda del popolo ebraico di saper perdonare e guardare al futuro con fede rinnovata.

Le stesse radici

Momento atteso e culminante di tutto il viaggio è stato l’approdo in Galilea, domenica 16 giugno. Sulla collina di Giv’at Avni, nei pressi del lago di Tiberiade, sventolavano le bandiere di Israele, d’Italia e del KKL per piantare gli alberi in memoria del Cardinale Martini, uomo del dialogo con gli ebrei, che amava chiamare “i nostri fratelli maggiori”. Gli è stata dedicata oggi una foresta di 5000 alberi con il patrocinio del Keren Kayemet Leisrael. Oltre alle personalità già citate al Kotel, erano presenti Maris Martini, sorella del Cardinale presente durante tutto il viaggio, suo figlio Giovanni, Raffaele Sassun, presidente del Kkl Italia, Silvio Tedeschi del KKl di Milano, il portavoce del Rabbino capo d’Israele rav Angel Kreiman e l’ambasciatore italiano in Israele, Francesco Talò. La foresta accoglie lo spirito del Cardinale che avrebbe voluto essere seppellito in Israele.

Simbolo di vita e futuro per veder crescere con gli alberi anche il dialogo tra ebrei e cristiani, momento chiave del viaggio, testimonianza di un’amicizia e affetto, la cerimonia ha rappresentato il culmine dell’itinerario che si è concluso con le visite a Cafarnao, Sephoris e Cesarea.
 

«Condividere un’esperienza di conoscenza reciproca, pregare insieme e onorare la memoria del Cardinal Martini»; «ritrovare le nostre radici bibliche, vivere la vita ebraica, lo Shabbat e comprendere in quale contesto si muoveva Gesù»; «contattare l’intelligenza e l’impegno di un popolo che ha costruito questo paese con creatività e determinazione»… Questi solo alcuni dei commenti dei partecipanti, tutti coinvolti nel cammino di dialogo, amicizia e comprensione reciproche sempre più diffusi nel mondo cristiano ed ebraico. A proposito del quale possiamo traslare le parole che furono di Theodor Herzel: “se vorrete non sarà un sogno”.

Fonte: mosaico-cem.it

Gerusalemme, 19/06/2013 

venerdì 14 giugno 2013

Alla luce delle Scritture

Studi in onore di
GIOVANNI ODASSO  

Gli studi raccolti in questo volume intendono essere un omaggio alle ricerche e all'insegnamento di Giovanni Odasso, già docente all'Ateneo di Sant'Anselmo, poi alla Università Urbaniana, alla Lateranense e al Pontificio Ateneo Seraphicum, oltre che animatore del Centro Internazionale Bibbia e Storia. Con i loro saggi, colleghi e allievi onorano lo studioso e il maestro per il contributo fornito alla ricerca biblica oltre che per la lunga e generosa attività accademica.

Gli scritti rispecchiano gli ambiti della ricerca e dell'insegnamento di Giovanni Odasso, approfondiscono istanze teologiche ed ermeneutiche della Bibbia, indagano le possibilità e le prospettive del dialogo ecumenico e interreligioso.

All'opera - presentata da Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni, e da M. Pina Scanu, Curatrice del volume - hanno contribuito i nomi di Francesco Bianchi, Adriana Bottino, Carmelo Dotolo, Eleuterio F. Fortino, Felix Körner, Benito Marconcini, Romano Penna,Giacomo Perego, Gian Luigi Prato, Pius-Ramón Tragán, Germano Scaglioni, M.Pina Scanu, Aristide Serra, Rita Torti Mazzi, Alberto Valentini, Marco Zappella, Emanuela Zurli. 

Il Volume è edito dalla Casa Editrice Paideia.

dalla Presentazione:

“...Tutto questo non è rimasto nelle aule accademiche dell'Ateneo di Sant'Anselmo, della Università Urbaniana, Lateranense o di San Bonaventura, oppure discorso per soli specialisti in numerosissime pubblicazioni scientifiche, ma P. Odasso, e mi sembra il dato più importante, continua a metterlo a disposizione di tutti, con una tenace e capillare azione pastorale che dura ormai da decenni. È nato così il CIBES, Centro Internazionale Bibbia e Storia, in cui vengono proposti, in un ciclo quinquennale, incontri settimanali sull'intera Sacra Scrittura con ritiri mensili, corsi intensivi di lingua ebraica, a vari livelli, che portano i partecipanti a poter celebrare l'eucarestia in ebraico, seminari di aramaico targumico.

Un'attività strabiliante, se si tiene conto che i destinatari sono persone di ogni età, di ogni condizione sociale e di diversa formazione culturale, in una parola, il vero e santo Popolo di Dio, che dimostra, ancora una volta, quanto sappia apprezzare il cibo buono e solido nel momento che gli venga offerto al posto dei soliti omogeneizzati.

A ciò si aggiunge una disponibilità incondizionata, che ho potuto personalmente sperimentare nei quindici anni del mio servizio episcopale, in cui hanno potuto beneficiare della sua presenza i diaconi romani, i presbiteri del Settore Ovest di Roma e quelli di Velletri-Segni e moltissimi laici.

Per questa sua instancabile e preziosa opera occorre anzitutto rendere grazie al Signore, che ha costituito coloro che ha chiamato perché vadano e portino frutto e il loro frutto rimanga (cf. Gv. 15,16), ma anche esprimere la nostra riconoscenza a chi continua a spezzare per noi il pane della Parola.

Il presente volume, che ho accettato di presentare non senza un certo timore e solo per la profondissima stima e personale amicizia, è un piccolo segno del generale apprezzamento e della più vasta gratitudine che tutta la chiesa deve a questo servo umile, buono e fedele del Verbo di Dio”.

 Mons. Vincenzo Apicella, Vescovo di Velletri-Segni

N.B.: A questo link  http://tinyurl.com/n47wx8m è visibile un'anteprima.