All’ombra dei pini di Galilea, un’energia di pace
In Israele si è concluso il primo viaggio interreligioso per il dialogo-ebraico cristiano. Un evento importante e unico, alla presenza di cardinali, vescovi e rabbini, culminato col bosco piantato in memoria del Cardinal Martini
Di Marina Diwan
Dalle spiagge di Tel Aviv alle mura di Gerusalemme, alle rive del lago di Tiberiade. Dal contatto diretto con la modernità d’Israele alla pionieristica fondazione dello Stato ebraico, alla storia biblica più antica e comune alle religioni monoteistiche. Fino alla preghiera comune davanti al Kotel e gli alberi in memoria del Cardinale Carlo Maria Martini, piantati su una ventosa collina della Galilea.
Si è concluso ieri Ebrei e cristiani in viaggio, un “pellegrinaggio interreligioso” che dal 9 al 18 giugno ha visto un gruppo di circa un centinaio di persone visitare Tel Aviv, Gerusalemme e la Galilea. Un evento storico fortemente voluto da rav Giuseppe Laras, Presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia e Rabbino emerito di Milano, per dare futuro a quel dialogo ebraico-cristiano che fu costruito e condiviso con il Cardinale Martini, scomparso il 31 agosto scorso. E dedicare così all’amico, grande amante di Israele dove visse per diversi anni, una foresta di 5000 alberi nei pressi del lago di Tiberiade, con il patrocinio del Keren Kayemet Leisrael. Sfortunatamente, per motivi di salute, rav Laras non ha potuto prendere parte al viaggio, che è stato comunque un grande successo a testimonianza che i progetti bene ispirati dai loro ideatori sono figli capaci di camminare con le loro gambe. A dirigere l’iniziativa si sono distinti con generosità i suoi collaboratori: rav Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica d’Italia, e l’assistente di rav Laras, Vittorio Robiati Bendaud, le due anime guida del percorso.
«La novità di questo evento», spiega Bendaud, «sta nell’incontro di ebrei e cristiani credenti e ortodossi che viaggiano per condividere un’avventura di conoscenza reciproca e per pregare insieme», e «senza snaturare l’identità di ciascuno, mantenendo il rispetto delle diversità reciproche», precisa rav Richetti.
Obiettivo? Far conoscere la realtà ebraica israeliana a un gruppo di cristiani provenienti da tutta Italia, cristiani che erano in netta maggioranza. Gli ebrei invece, una decina, principalmente da Milano, hanno assolto al compito di ciceroni, per rispondere alle infinite curiosità e domande dei compagni di viaggio. «Volevamo comprendere le ragioni dell’altro vivendo gomito a gomito, avere occhi aperti e cuore disponibile. Questo forse è stato il vero valore di questo viaggio», ha dichiarato monsignor Gianantonio Borgonovo, arciprete del Duomo di Milano, accompagnatore spirituale del gruppo fin dal primo giorno in Israele. Il duetto religioso caratterizzato dalla sua voce dolce e pacata e dalla prorompente verve canora di rav Richetti ha accompagnato la comitiva per tutto l’itinerario, una “strana coppia” davvero ben assortita. Due pullman hanno percorso le strade di Israele per seguire un programma fitto di appuntamenti.
Insieme al Kotel
Tutto è iniziato a Tel Aviv, due giorni alla scoperta dell’antica Yaffo, della realtà israeliana moderna e della storia pionieristica della fondazione dello Stato ebraico, tra la casa di Ben Gurion e la visita alla Indipendence Hall, in cui si sono rivissuti i momenti eroici del manipolo di ebrei che, sfidando la minaccia della Lega Araba e delle cautele delle autorità internazionali, hanno dichiarato l’indipendenza dello Stato di Israele. Non poteva mancare l’incontro molto apprezzato dal gruppo con rav Israel Meir Lau, il Rabbino capo di Tel Aviv-Yaffo, emerito Rabbino capo di Israele, protagonista della famosa stretta di mano con il Pontefice Giovanni Paolo II che, nelle intenzioni di Papa Wojtila doveva servire a “togliere il tappeto sotto ai piedi” di chi ancora professa l’antico antigiudaismo religioso da 50 anni azzerato dal Concilio Vaticano II.
Sono seguiti cinque giorni a Gerusalemme, dove si è passati dalle antiche pietre della città vecchia alla realtà più scottante. Inedita e sorprendente la visita alla Corte Suprema, capolavoro dell’architettura contemporanea progettato dall’architetto Ada Carmi per manifestare attraverso le forme e lo spazio lo spirito di giustizia della sapienza ebraica che deve ispirare chi è chiamato ad amministrarla. Significativa la sua posizione elevata rispetto alla Knesset, il Parlamento, a sancire che il potere degli uomini politici deve essere assoggettato alle regole di Giustizia, argomento che ha comprensibilmente toccato il pubblico italiano, colpito anche dalla passione politica e progettuale del sindaco di Tel Aviv, Ron Hudai e del vicesindaco di Gerusalemme, Naomi Tsur, che abbiamo incontrato nei palazzi delle rispettive municipalità.
Proprio nella città Santa l’incontro tra ebrei e cristiani ha vissuto il suo momento più significativo e commovente: la preghiera comune davanti al Kotel, il Muro del pianto. A dare man forte a rav Richetti, a Bendaud e a Monsignor Borgonovo sono giunti, dopo pochi giorni, il Cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, rav Eugene Korn dell’International Jewish Commitee e del Center for the Jewish-Christian Understanding & Cooperation, il teologo valdese Gioacchino Pistone e il professor David Meghnagi, docente di psicologia e direttore del Master Internazionale sulla Shoah. Insieme a tutto il gruppo di viaggiatori hanno recitato i Tehillim-Salmi ad alta voce, in ebraico e in italiano, una preghiera comune, un’energia di pace molto potente. Il tutto sotto lo sguardo stupito dei chassidim presenti, dapprima curiosi e poi compiaciuti per il significato simbolico dell’evento. Altro momento di condivisione religiosa si è avuto durante le celebrazioni dello shabbat nella cornice del Tempio italiano a Gerusalemme, che riporta gli arredi della antica sinagoga di Conegliano Veneto. A Yerushalaim non è mancata la visita a Yad Vashem con la presentazione di David Meghnagi che ha sottolineato come il museo con il suo “giardino dei giusti” e l’intera realtà di Israele siano la testimonianza della capacità profonda del popolo ebraico di saper perdonare e guardare al futuro con fede rinnovata.
Le stesse radici
Momento atteso e culminante di tutto il viaggio è stato l’approdo in Galilea, domenica 16 giugno. Sulla collina di Giv’at Avni, nei pressi del lago di Tiberiade, sventolavano le bandiere di Israele, d’Italia e del KKL per piantare gli alberi in memoria del Cardinale Martini, uomo del dialogo con gli ebrei, che amava chiamare “i nostri fratelli maggiori”. Gli è stata dedicata oggi una foresta di 5000 alberi con il patrocinio del Keren Kayemet Leisrael. Oltre alle personalità già citate al Kotel, erano presenti Maris Martini, sorella del Cardinale presente durante tutto il viaggio, suo figlio Giovanni, Raffaele Sassun, presidente del Kkl Italia, Silvio Tedeschi del KKl di Milano, il portavoce del Rabbino capo d’Israele rav Angel Kreiman e l’ambasciatore italiano in Israele, Francesco Talò. La foresta accoglie lo spirito del Cardinale che avrebbe voluto essere seppellito in Israele.
Simbolo di vita e futuro per veder crescere con gli alberi anche il dialogo tra ebrei e cristiani, momento chiave del viaggio, testimonianza di un’amicizia e affetto, la cerimonia ha rappresentato il culmine dell’itinerario che si è concluso con le visite a Cafarnao, Sephoris e Cesarea.
«Condividere un’esperienza di conoscenza reciproca, pregare insieme e onorare la memoria del Cardinal Martini»; «ritrovare le nostre radici bibliche, vivere la vita ebraica, lo Shabbat e comprendere in quale contesto si muoveva Gesù»; «contattare l’intelligenza e l’impegno di un popolo che ha costruito questo paese con creatività e determinazione»… Questi solo alcuni dei commenti dei partecipanti, tutti coinvolti nel cammino di dialogo, amicizia e comprensione reciproche sempre più diffusi nel mondo cristiano ed ebraico. A proposito del quale possiamo traslare le parole che furono di Theodor Herzel: “se vorrete non sarà un sogno”.
Fonte: mosaico-cem.it
Gerusalemme, 19/06/2013
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