giovedì 18 aprile 2013

La pasqua di mons.Clemente Riva

Mons.Clemente Riva con Lea Sestieri

“il vescovo del dialogo”

I cristiani si apprestavano a celebrare la Pasqua del Signore, e gli ebrei la festa di Pèsach, quando mons. Clemente Riva passava da questo mondo alla casa del Padre. Era il 30 marzo 1999, martedì della settimana santa per i cristiani, l’antivigilia di Pèsach per gli ebrei.

“Per Amore di Gerusalemme” ricorda, con affetto e commozione, mons. Clemente Riva, già vescovo ausiliare di Roma e presidente della Commissione Diocesana per l’ecumenismo e il dialogo che, con tenacia evangelica, ha reso possibile la storica visita di Papa Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma, il 13 aprile 1986.

Così lo hanno ricordato:

Mons. Paolo Schiavon: “...La sua disponibilità al dialogo interreligioso e la sua profonda convinzione che la cultura ebraica è un crocevia obbligato dei grandi cammini umani, e che il cristianesimo non si può capire senza un attento studio e un sincero amore verso le tradizioni ebraiche e senza un contatto cordiale e aperto verso il Popolo ebraico. Quando uomini così grandi ci passano accanto, non possiamo più vivere come se ciò non fosse accaduto: essi sono un dono e un richiamo all’imitazione”. (Avvenire,“Roma Sette”)

Rav Prof. Elio Toaff: “Con mons. Clemente Riva c’era un’amicizia che durava da molti anni. Lo ricordo sempre la sera di Kippur: veniva ogni anno, puntualmente, al tempio e si metteva in prima fila per essere il primo a darci l’augurio. E’ un ricordo che non si cancellerà mai. Un mese fa eravamo insieme alla presentazione del mio ultimo libro “Il Messia e gli ebrei”. Mons. Riva in quell’occasione improvvisò, e nelle sue parole affiorava nitidamente quello che è stato lo scopo della sua vita: liberare i rapporti fra ebraismo e cristianesimo da tutti gli ostacoli che si sono accumulati e sedimentati lungo i secoli. Non posso dimenticare, inoltre, la storica visita di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma. Mons. Riva era stato in prima linea con me nell’organizzarla in tutti i particolari, dagli inviti all’assegnazione dei posti. E’ un uomo eccezionale quello che oggi ricordiamo. Un uomo che alla straordinaria intelligenza e al grande cuore univa un’attività che non conosceva soste. Abbiamo perso un grande amico che difficilmente potrà essere sostituito. E tuttavia la sua opera lascerà una traccia profonda: altri - ne sono certo - continueranno il suo lavoro e si dedicheranno a far sì che ebraismo e cristianesimo possano convivere senza lotte, senza i pregiudizi che si sono formati nel corso dei secoli. Questo è il testamento che ci lascia mons. Riva”.

Amos Luzzato: “Ho un ricordo molto dolce, molto piacevole perché soprattutto mi ha colpito il suo atteggiamento in ascolto. Era sempre un uomo che, quando dialogava con me e probabilmente anche con gli altri, ascoltava: non sentenziava, ma cercava di capire l’interlocutore, con un atteggiamento estremamente mite e aperto, che veramente conquistava. Mi ricordava molto cosa diceva del dialogo il nostro Martin Buber, sottolineando l’importanza di immedesimarsi nella persona che si ha di fronte e di essere se stessi in quanto dialoganti. Ho la sensazione di aver perso di più di un amico, direi davvero un fratello”.

Tullia Zevi: “Calmo, sorridente, sereno, sempre incoraggiante. Ci accomunava la convinzione che bisognasse veramente lavorare insieme per cercare di porre rimedio ai mali, che stanno travagliando senza sosta l’umanità”. 




a cura di Vittoria Scanu


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