La lingua sacra
“Le 22 lettere
Fondamentali, le incise, le plasmò, le combinò, le soppesò, le permutò e formò
con esse tutto il Creato e tutto ciò che c’è da formare nel futuro” (Sefer
Yetzirà).
Le lettere ebraiche
oltre ad avere nome, forma, valore numerico, suono, colore e vibrazione sono un
codice. Ogni singolo carattere è una fuga prospettica di sensi e significati,
celati o manifesti, nuclei energetici illimitati.
Ogni segno concorre
alla formazione di parole ma al contempo ogni forma significante è già di per sé un veicolo, un senso compiuto
autonomo, un segno sacro, un cosmo perfetto. Per questo motivo nel corso dei
secoli la Torà
non è stata mai modificata ma basta che una lettera o parte di essa sia
cancellata, alterata o errata per renderla pasùl,
proibita.
L’estremo rispetto tributato alla lingua sacra nasce dalla convinzione che ogni suono abbia la capacità di produrre un dato effetto, tanto più temibile quando si parla senza la dovuta cautela. Il controllo di lashon harà, la mala lingua (diffamazione), è uno dei capisaldi dell’etica ebraica per gli effetti potenzialmente devastanti delle parole pronunciate con leggerezza: “Se lo shochèt (macellatore) deve esaminare il coltello prima di macellare, quanto più attentamente dobbiamo esaminare la nostra lingua prima di parlare?
Poiché ‘morte e vita
sono in potere della lingua’ (Proverbi 18:21)”.
Shalom!
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